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La leggenda su San Glisente
Numerose sono le leggende tramandate sul culto di San Glisente:

  1. S. Glisente fu un valoroso comandante dell’esercito di Carlo Magno, Re dei Franchi, che seguì Carlo Magno in Valcamonica, ma poi non si sentì di seguire il suo sovrano e lo implorò di potersene restare in questi luoghi. Così prese l’abito di romito e si ritirò su un monte di Berzo, dove morì il 6 agosto del 796. Il giorno dopo alcuni pastori videro una colomba che portava ramoscelli e foglie sul monte. Qui trovarono il corpo dell’eremita, lasciarono alcune sue reliquie nella spelonca e ne portarono altre nella chiesa di S. Lorenzo a Berzo Inferiore.
  2. S. Glisente e i suoi fratelli, S. Fermo e S. Cristina, giunsero in Valcamonica al seguito dell’esercito di Carlo Magno e poi si ritirarono in eremitaggio: Glisente (aiutato dall’orsa) sui monti di Berzo, S. Fermo (assistito anch’egli da un’orsa, da un’aquila e dal suo scudiero Rustico) su quelli di Borno e S. Cristina sui monti di Lozio. Prima di separarsi per sempre i tre fratelli strinsero il patto di comunicare tra loro ogni sera per mezzo di un falò che ciascuno avrebbe acceso fuori dal proprio romitaggio. Glisente per mettere in contatto Fermo e Cristina, che non potevano comunicare direttamente, accendeva due falò. Così per diversi anni i valligiani ammirarono ogni sera quei fuochi sui monti, finché quelle luci una alla volta si spensero. Dei tre eremiti, narra la leggenda, l’ultimo a morire fu Fermo.
  3. S. Glisente fu un nobile camuno di origine franca, probabilmente epigono dei signori di Berzo, discendenti da una delle tre famiglie franche di Esine, citate nella donazione di Giselberto del 979.
    Fu probabilmente sul monte Roncole che il nobile Glisente, seguendo l’esempio di S. Costanzo, S. Obizio e molti altri, si ritirò a vita di preghiera e meditazione, svolgendo apostolato fra i molti pastori e mandriani che vivevano su quei monti. Sul monte poi sarebbe morto e sulla sua tomba venne edificata la prima chiesa.
  4. S. Glisente fu un frate Umiliato, fondatore di una casa di Umiliati sul monte di Berzo, intorno alla medesima epoca in cui S. Costanzo di Niardo fondava e dirigeva la casa degli umiliati a Conche. Il santuario di S. Glisente potrebbe essere stato la “domus de Eseno” (casa di Esine), ricordata da un antichissimo catalogo delle Case Umiliate.

E’ interessante notare come nella Leggenda di San Glisente ritorni sempre il motivo dominante del fuoco. E’ indispensabile anche tener presente l’ubicazione del santuario di S. Glisente che è sovrapposizione di primitivo luogo scavato a caverna sulla cima d’un monte dal vertice tondeggiante e verde fino alla sommità. Dunque un luogo magico per natura, da dove la divinità poteva rivelarsi irata, col fragore del fulmine e del tuono, ma anche benevola col sorriso dei rosei tramonti della sera che preannunciavano il bel tempo del domani. Può darsi che nel Medio Evo, secondo il costume corrente in quel luogo, vi abbia abitato anche un eremita. Ma è verosimile, sia per l’ubicazione troppo distante dai centri abitati, sia per il clima invernale insostenibile anche per un uomo penitente.

La leggenda ha in sé reminiscenze comuni ad altre mitologie similari, dove la divinità dei pastori si nutre del latte di pecora e di frutti strani maturati apposta per sfamare il nume. Da millenni, forse, il popolo che abitò la media Valcamonica, guardò al monte San Glisente come gli Ebrei guardavano al Moria o al Carmelo.
Poi venne la fantasia degli agiografi e di certi storici che fecero di San Glisente un ex soldato di Carlo Magno, ritiratosi a far vita santa su quel monte. A parte il fatto se Carlo Magno e il suo esercito sia mai venuto in Valcamonica, la personificazione militare si può spiegare con la fede invalsa dall’epoca longobarda in poi, quando le divinità protettrici dei pagani divennero i Santi defensores dei cristiani.

Glisente non poteva essere un soldato romano, ma un santo più vicino ai Camuni per razza e per cultura: un soldato gallico che depone le armi rifiutando la violenza per armarsi soltanto di fede, di speranza e di amore era una gran conquista ideologica per quei tempi, ma consona al concetto del Santo di pastori, che abitava sul monte sacro, vestito di pelle di pecora. Glisente sarà il difensore dei popoli con le armi della preghiera e della penitenza, assurgerà a simbolo, a personificazione del pastore camuno, sempre errante sui pascoli montani dei crinali che convergono al monte di San Glisente prima e poi al Maniva.

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